Nuova tecnica per la terapia chirurgica dell’ernia inguinale
Senza dolore e dimissione in giornata.
L’avvento della chirurgia protesica nella riparazione dell’ernia inguinale ha migliorato di molto la qualità di vita degli operati con l’assenza di tensione e la bassa incidenza della recidiva rispetto agli interventi tradizionali. In alcuni casi però rimane il problema del dolore cronico che nelle varie casistiche ha una frequenza che va dal 3% al 25% e solo nelle mani di chirurghi esperti arriva al 3%.
Nella maggior parte dei casi il dolore è causato dalla protesi che si comporta da corpo estraneo ed innesca una reazione infiammatoria che coinvolge i tessuti con i quali viene a contatto, i tre nervi sensitivi della regione inguinale ed il funicolo spermatico. Questo problema riguarda soprattutto le tecniche che utilizzano l’accesso anteriore che erano le più praticate prima dell’avvento della chirurgia laparoscopica ma lo sono ancora oggi, basti pensare che su 850.000 interventi di ernioplastica eseguiti in Europa nel 2014 solo nel 23% dei casi si è utilizzata la tecnica laparoscopica.
Oggi l’affermazione ed il successo della chirurgia laparoscopica ha di molto ridotto l’incidenza del dolore perché l’accesso per posizionare la protesi è posteriore, cioè dietro al piano muscolare e ai nervi della regione. Questa nuova tecnica, chiamata Ernioplastica mininvasiva aperta con protesi preperitoneale, ha gli stessi tempi chirurgici principali della tecnica laparoscopica posizionando la protesi su un piano posteriore ed i risultati sono gli stessi: assenza di trauma e di danno ai nervi, assenza del dolore e recupero più rapido.
Un esempio che ci aiuta a capire bene i vantaggi di questa tecnica è quello di paragonare l’ernia alla camera d’aria che fuoriesce da un foro dello pneumatico della bicicletta che rappresenta la parete addominale. Per riparare il foro si può utilizzare un cerotto all’esterno o all’interno dello stesso pneumatico. La fisica ci dice che un cerotto all’interno è il modo migliore perché la pressione della stessa camera d’aria lo manterrà nella sua posizione nel tempo. In questo intervento si applica lo stesso principio. Pertanto, la posizione della protesi su un piano anatomico posteriore è da preferire perché:
– la pressione addominale mantiene la protesi nella sua posizione riducendo il rischio della recidiva;
– la lontananza della rete dai nervi riduce il rischio del dolore postoperatorio con minor consumo di analgesici;
– la presenza di una rete più grande evita la formazione di altre ernie nella regione;
– il tempo di recupero è più breve e si torna prima all’attività sportiva e lavorativa;
– nel caso di una recidiva, il reintervento può essere eseguito con un accesso anteriore che risulta più semplice e si può utilizzare l’anestesia locale.
Inoltre, possiamo dire che questa tecnica rispetto a quella laparoscopica presenta alcuni importanti vantaggi perché è più sicura, in quanto evita le complicanze rare ma possibili della chirurgia laparoscopica, può essere eseguita in anestesia locale, permette la dimissione del paziente dopo circa tre ore e ha un costo molto più basso. Questa nuova tecnica, già sperimentata in America dal 2014 con 4000 casi operati, per risultati e costi può essere una valida alternativa alla tecnica laparoscopica. Ma in alcuni pazienti la tecnica di Lichtenstein rimane ancora la prima scelta.
Dott. Giuseppe De Santis